Gli occhi delle “tute gialle” in difesa dell’Appennino / Notizia

Venerdì 11 agosto 2017 - Gazzetta di Modena

Quelli che stanno di sopra hanno bisogno di poche cose: binocolo, bussola e cartina, oltre a uno o due compagni - l’accesso ai punti di avvistamento non è dei più semplici - e un mezzo attrezzato in caso di intervento. Quelli che stanno di sotto hanno molte più cose, a partire da un sofisticato sistema di collegamenti radio: d’altra parte c’è da raccogliere e gestire informazioni, fare da tramite tra l’Appennino e il centro di coordinamento bolognese, che in caso di necessità può inviare gli elicotteri, e in generale gestire le emergenze. In mezzo, tra chi sta lassù e chi sta di sotto, c’è un vasto territorio da sorvegliare: un territorio che quest’anno ha dato parecchio da fare, dal pauroso incendio di Lama Mocogno a roghi più modesti ma quasi quotidiani. 

E così la Protezione civile modenese si è trovata di fronte ad un’estate molto impegnativa per quanto riguarda la lotta agli incendi, sia per chi sta giù, i volontari che gestiscono il lavoro dal Centro unificato provinciale di Marzaglia, sia per chi sta su, negli otto punti di avvistamento sulle montagne, dalla Torre di Gaiato, a Pavullo, al Sasso della Croce, a Roccamalatina, passando per il monte Nuda e il monte Ravaglia, il monte Pizzicano e la Croce di Costrignano, il monte Calvanella e il monte Cantiere. Punti che vengono presidiati dai volontari durante il fine settimana, quando la presenza di turisti è più massiccia e i pericoli sono di più. 

Ma l’attività estiva di prevenzione e contrasto degli incendi è pianificata per tempo a livello regionale: «Per quest’anno il periodo di attività è stato fissato tra il 12 luglio e il 31 agosto - spiega Francesco Gelmuzzi dell’Agenzia regionale di Protezione civile - per vigilare sull’Appennino modenese abbiamo disponibili otto squadre operative, con altrettanti mezzi sui quali salgono a rotazione cento volontari formati per spegnere e gestire gli incendi boschivi». 

Ma come avvengono le segnalazioni? «A volte arrivano semplicemente dal territorio, come nel caso dell’incendio di Trentino di Fanano - riprende Gelmuzzi - oppure dai nostri volontari impegnati nei punti di avvistamento, o ancora da quelli che presidiano il territorio sui mezzi di avvistamento mobile». 

A quel punto, una volta avvertiti i vigili del fuoco (il compito di spegnere gli incendi è ovviamente loro, mentre la Protezione civile interviene in supporto, spesso con compiti di gestione della fase che segue lo spegnimento, ma a volte anche per lo spegnimento stesso), il Centro unificato di Marzaglia si raccorda con la Sala operativa unica permanente di Bologna, che ha la possibilità di fare arrivare gli elicotteri se necessario, per inviare poi i mezzi da Marzaglia all’Appennino, sempre che uno dei mezzi mobili non sia già in zona. Interventi che quest’estate sono stati molto più numerosi rispetto agli anni passati: «In queste settimane abbiamo avuto tutti gli elementi di possibile pericolo - conferma Roberto Ferrari, presidente della Consulta provinciale della Protezione civile, che giovedì si è spostatoin Salento insieme ad altri otto volontari modenesi per un programma di gemellaggio con la Puglia - dalle temperature altissime alle giornate con un forte vento. Per questo è fondamentale avere un’attività già pianificata, con i punti di avvistamento e i mezzi mobili in Appennino».