Hanno tagliato una montagna di lamiere / Notizia

Sabato 8 gennaio 2005 - Gazzetta del Sud

CREVALCORE (8 gen. 2005) – Sono i vigili del fuoco i primi ad entrare in azione sulla montagna di lamiere alta una decina di metri: sono loro gli unici ad avere i mezzi per scavare tra i rottami delle carrozze dei due treni entrati in collisione a Bolognina di Crevalcore. Per lunghi interminabili minuti, si sente solo il rumore della sega circolare che taglia la lamiera e permette di guardare meglio. Arrivano i primi segnali agli uomini del 118: compare un lenzuolo bianco, segno che il corpo ritrovato è ormai senza vita. Sono le 13,45, l'incidente è avvenuto da ormai tre quarti d'ora, e i corpi coperti dalle lenzuole, in una strada sterrata che fiancheggia il binario, sono già due. In breve aumenteranno sempre di più, fino a formare una triste striscia bianca. Nel frattempo Continuano ad arrivare soccorsi, l'atmosfera è concitata: i vigili del fuoco provengono da Mantova, Bologna, Ferrara Rovigo e Modena. Poi ci sono i volontari della protezione civile e gli equipaggi del 118 di Modena e Bologna, oltre a polizia, carabinieri e agenti della Polfer: in tutto all'opera ci sono 150 persone che lottano contro il tempo per cercare di strappare alla morte i feriti più gravi. D'improvviso la tensione aumenta: «Chiamate un dottore, da questa parte!». Un uomo viene estratto dalle lamiere, si muove appena. Non è semplice metterlo su una barella e calarlo da un'altezza di dieci metri, ci vuole un'imbragatura speciale, di quelle usate per il soccorso alpino, e decine di mani che la afferrano e la posano dolcemente a terra. Medici e infermieri capiscono al volo la situazione: l'uomo è grave, fatica a respirare. Si improvvisa un massaggio cardiaco, un infermiere è pronto con le siringhe di adrenalina per rianimarlo. Le operazioni durano qualche minuto, poi una dottoressa si allontana dal corpo a va a sedersi sul ciglio di un fosso tenendosi la testa tra le mani: tutto inutile, l'uomo non ce l'ha fatta. Ma in questi casi non c'è tempo per pensare, ci sono altri feriti da soccorrere, altre vita da salvare, e per la pietà ci sarà tempo dopo. I vigili del fuoco vedono un altro corpo tra le lamiere. «Abbiate fede!», grida uno di loro. E infatti questa volta il ferito sembra meno grave, ma c'è bisogno della maschera d'ossigeno, e non c'è tempo da perdere. Ma siamo in aperta campagna, la nebbia si infittisce sempre più. E il fango è dappertutto, le ambulanze faticano a partire, le ruote sprofondano di qualche centimetro e slittano. Allora si fanno avanti gli agricoltori della zona: si offrono di trascinare fuori le ambulanze con i loro trattori, legando i mezzi di soccorso con una catena. È un intervento provvidenziale, forse proprio grazie a quei trattori qualcuno si salverà. I soccorsi vanno avanti per tutto il pomeriggio, anche quando fa buio, anche quando per vederci si devono accendere due enormi riflettori, simili a quelli che illuminano i campi da calcio nelle partite notturne. E si va avanti lo stesso, bevendo un tè caldo portato dalla protezione civile apposta per offrire un minimo di conforto ai soccorritori.

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