Terremoto, mille volontari dall'Emilia Romagna / Notizia

Mercoledì 16 novembre 2016 - Il Resto del Carlino

Basta così, un mandarino solo, grazie. La borsa di frutta? Non importa, magari c’è qualcuno che ne ha più bisogno...». Lo dice un giovane padre sorridente, il figlioletto lo segue in silenzio (non fanno le bizze, i bimbi del terremoto). E lo ripete la signora che s’informa sul menu. Vedere la coda alla mensa fa pensare ad altre scene. Siamo tutti un po’ profughi, alla fine. Qui nessuno si lamenta di nulla.

Un giorno e una notte con i volontari della Protezione civile nel campo di Caldarola, nel Maceratese, cucina per trecento sfollati e servizi ‘attendati’: anagrafe, farmacia, guardia medica, poste e banca. Perché il paese è sigillato, zona rossa. E allora le piazze sono diventate queste. Nella bacheca degli avvisi c’è anche il nome di chi quel giorno compie gli anni. Davanti al container del Comune la fila per i sopralluoghi.

Questa è una storia di dolore e solidarietà. Perché «non puoi rimanere a casa sul divano quando hai visto come stanno gli sfollati». Lo pensa la donna dei tre terremoti, romagnola tosta, si chiama Federica Rossi, Protezione civile Forlimpopoli, cuoca. L’Aquila, l’Emilia, le Marche. Ad agosto nell’Ascolano, poi nella provincia maceratese, paesaggi da cartolina ma ovunque il deserto, nei paesi gli unici segni di vita sono attorno alle insegne della solidarietà.

Sono un migliaio i volontari dell’Emilia Romagna che si sono dati il cambio nelle terre del sisma. Oggi partono altri aiuti per San Severino. A giorni a Caldarola saranno organizzati gruppi di ascolto con la Croce Rossa e la Pubblica assistenza. Sono dipendenti comunali, pensionati, commesse, cuoche, cantonieri come Davide Maggioli, il responsabile del campo, forlivese. Sorveglia, ascolta, rimedia. Dice: «Le divise diventano un punto di riferimento». S’avvicina un cane, è la mascotte del campo, «ciao Sisma! L’abbiamo chiamato così, era abbandonato nella zona rossa. Gli abbiamo dato da mangiare, gli abbiamo fatto qualche coccola e non se n’è più andato».

Il campo di Caldarola ha un ritmo frenetico per i volontari, fin troppo lento per gli sfollati. L’associazione nazionale carabinieri fa il picchetto giorno e notte per evitare presenze sgradite. La dispensa è nei container, dentro in tempi record sono state divise pasta e sughi, posate, tovaglie e lenzuola. Barilla ha donato 33mila euro di scorte per l’emergenza terremoto, Granarolo 25mila. Poi Alce nero, Veroni salumi, Caritas... 

All’ora di pranzo il sindaco Luca Giuseppetti, che è anche il farmacista del paese, prova a far digerire un boccone amaro. «Arriveranno i container, ma sono solo posti letto». Brusio. «Saranno spazi da tre persone, non è detto che uno si trovi con la famiglia e basta». Ancora brusio. «Io il container lo vedo solo per chi ha un’attività o lavora qui. Se avete un appartamento fuori e vi trovate bene, rimaneteci. Dobbiamo stare tranquilli, questa è un’emergenza e c’è gente che sta in piedi 20 ore su 24». Gente come i sindaci del sisma, da 800 euro al mese e quattro ore di sonno.

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